Se si pensa a Simone Cristicchi, balza subito alla mente un personaggio lunare con un bagaglio di canzoni sospese fra la vita di tutti i giorni e il surreale.
In realtà, parallelamente alla sua brillante carriera di cantautore ma soprattutto fedele al suo eclettismo ed alla sua eterna curiosità, Simone porta avanti da anni una carriera teatrale di tutto rispetto. In questi giorni è a Milano al teatro Verdi – ma quest' anno girerà un po' tutta l'Italia – con “ Li romani in Russia”, un bello ed intenso testo di teatro della memoria diretto da Alessandro Benvenuti. Lo spettacolo, tratto da un testo di Elia Marcelli, narra le avventure e la tragedia di alcuni giovani soldati romani spediti a morire da Mussolini, durante la seconda guerra mondiale, nella famigerata campagna di Russia.
Grazie alla sua disponibilità, ho la possibilità di incontrare Simone in camerino poco prima di andare in scena per la seconda replica milanese e così non perdo l'occasione di chiedere direttamente a lui la storia di un' opera fino ad ora così poco conosciuta.
Come sei arrivato al testo di Elia Marcelli e quando hai deciso di trarne uno spettacolo teatrale ?
Devo partire per forza dalla storia di mio nonno.
Rinaldo Cristicchi finì in Russia, riuscì a tornare – con un piede completamente congelato – e comunque non volle mai raccontare nulla di quella esperienza. Da questo suo silenzio, questa sua rimozione, è nata la mia voglia di ricerca. Ho iniziato così, leggendo le opere più importanti sull' argomento: Bedeschi, Rigoni Stern, Egisto Corradi, Alfio Caruso. Notai però che in quasi tutti quei libri si parlava delle divisioni alpine e mai della “Divisione Motorizzata Torino”, che era quella in cui sia mio nonno sia Elia Marcelli avevano militato e che non era mai stata contemplata né salita alla ribalta letteraria. Un giorno passeggiando per Roma, vidi per caso che in una libreria era prevista la presentazione di un libro intitolato “ Li romani in Russia”. In un lampo associai la storia di mio nonno al titolo del libro, andai alla presentazione e sentendo i versi letti dal prof. Marcello Teodonio – che è anche il curatore del testo teatrale – mi vennero le lacrime agli occhi perchè sentii il linguaggio che usava mio nonno e la storia che lui non mi aveva mai raccontato. Da lì ho conosciuto il prof. Teodonio, insieme ci si chiese come divulgare questa opera e così arrivai alla pazzia di voler imparare a memoria la riduzione teatrale che lui aveva preparato e che fino ad allora era stata messa in scena da tre attori.
La metrica del testo è in romanesco e in ottava classica: è stato difficile riuscire a memorizzare e portare in scena un lavoro così particolare ?
Mi ricordo che quando dissi al professore, al telefono, di voler imparare il testo a memoria mi chiese se ero pazzo!..e in effetti fu un' impresa titanica, ci vollero quattro mesi di lavoro ininterrotto.
Ti ha aiutato la tua esperienza di cantautore ?
Nella disciplina forse sì, mi sembrava di esser tornato a scuola. Il metodo mi venne consigliato da Filippo Timi, che mi disse : "Cerca di ripeterlo la sera, prima di andare a dormire”. E così facevo, prima di dormire imparavo quattro o cinque ottave - più di quello era impossibile - e poi ripetevo dall'inizio tutto il poema aggiungendo sera per sera quanto avevo appena imparato. Ricordo che quando finii di imparare a memoria l'ultima ottava, ebbi quasi un crollo di nervi, quasi mi misi a piangere.
Come sei arrivato alla scelta di Alessandro Benvenuti alla regia ?
Dopo aver imparato il testo, la prima cosa che mi venne in mente fu di fare un paio di esperimenti: il primo fu mettere in scena lo spettacolo per un pubblico di giovanissimi. Chiamai il mio liceo classico e proposi di fare un evento completamente slegato dalla mia attività di cantante. Fu un bel successo, i ragazzi erano interessati e, a fine spettacolo, intervennero facendo domande e chiedendo poi ai professori di poter approfondire.
Il secondo esperimento fu quello di portare lo spettacolo fuori dai confini romani, per capire se in effetti il testo poteva reggere al di fuori della regionalità. Contattai così un amico di Brescia e gli proposi il testo. Venni ospitato nel suo locale, e in seguito visto il successo ottenuto facemmo un' altra decina di repliche in giro per l' Italia.
La scelta di Benvenuti arrivò appena dopo queste repliche. Alessandro lo conoscevo già, ero e sono tuttora un grande fan sia della sua carriera cinematografica che teatrale, soprattutto della trilogia di “Casa Gori”, che per me è un lavoro sbalorditivo. Pensando proprio a quanto fatto sui personaggi di “Casa Gori”, realizzai che Alessandro era la persona giusta per dirigermi.
Il valore dell' opera di Marcelli è stata riconosciuta molto in ritardo rispetto a quelle di Rigoni Stern o di Bedeschi. A cosa è stato dovuto questo riconoscimento tardivo, secondo te ?
Marcelli pubblicò il libro a sue spese, dopo che molte importanti case editrici ne rifiutarono la pubblicazione. Tieni presente che l' opera completa - questa che rappresento a teatro è una riduzione – è composta da 1200 ottave ed è costata sei anni di lavoro, quindi capirai che è un 'opera poderosa. Marcelli di ciò era consapevole così come era consapevole di aver scritto qualcosa di assoluto valore che però non riusciva a far conoscere al di fuori di una cerchia di appassionati. Marcelli stesso sosteneva di aver scritto troppo, di aver raccontato con troppa durezza quanto avvenne in Russia e probabilmente anche il fatto di non aver avuto a quell' epoca un editore che potesse in qualche modo “censurare” alcune parti di sicuro non favorì la diffusione del testo che comunque ebbe critiche positive da Rigoni Stern e da Bedeschi. Ciò nonostante, quando morì dieci anni fa, lo fece col cruccio di non essere riuscito a far conoscere la sua opera come invece meritava. Negli anni successivo fortunatamente ci fu una ristampa autofinanziata dai figli di Marcelli, dal prof. Teodosio, da conoscenti e da appassionati di dialetto romanesco fino ad arrivare ad oggi e a questo curioso esperimento della Rizzoli, che ha pubblicato il testo dello spettacolo sotto forma di graphic novel a fumetti.
Lo spettacolo nel 2010 venne portato a Mosca,come uno dei tre spettacoli rappresentanti l' Italia nell' ambito di "SOLO", rassegna internazionale del monologo. Come venne recepito dal pubblico sovietico ?
Fu un vero colpo di fortuna: avevamo appena finito un mese di prove, con Alessandro, quando arrivò una mail da parte dell' Istituto Italiano di Cultura, che mi chiese informazioni sullo spettacolo. Il debutto vero e proprio avvenne praticamente a Mosca e fu un evento straordinario perchè era la prima volta in settantanni che la storia veniva raccontata in pubblico. Pubblico che peraltro era composto per l' 80% di russi. Storici, professori, studenti di storia, giornalisti...fu un vero e proprio evento, ripreso da televisioni nazionali ed internazionali e con una risonanza davvero forte. Tieni presente che in Russia il teatro di narrazione non esiste, per loro era una novità vedere un attore su di un palco narrare un fatto storico. Rimasi davvero stupito dall' attenzione che rivolsero al testo e non era una cosa così scontata visto che io recitavo in romanesco e il pubblico riceveva la traduzione in russo direttamente in cuffia! Fu molto divertente perchè il traduttore mi sgridò, dicendomi “ La prossima volta porta testo in italiano, ci ho messo tre mesi per imparare romanesco!”...in effetti mi chiedo ancora adesso come possa aver tradotto in russo “Li mortacci tua!” Alla fine comunque ci fu un applauso fortissimo e molto lungo che mi commosse. Per spezzare la commozione dovetti prendere la chitarra e fare un paio di pezzi per poi terminare con “L' italiano”, di Toto Cutugno...con quella canzone venne giù il teatro!
Hai affrontato il disagio mentale filtrandolo attraverso il surrealismo, ora con questo testo affronti la guerra e la morte riuscendo ad essere anche ironico. Pensi sia necessario, forse per far meglio metabolizzare certi temi “duri” far scorrere il testo su “binari alternativi” quali appunto l'ironia o il surrealismo ?
Ho sempre prestato molta attenzione al linguaggio e questo di Marcelli è un linguaggio molto diretto, che arriva dove deve arrivare. Non mi reputo una persona triste o drammatica e il testo, pur nella sua crudezza, aveva spazi dove, lavorandoci, poteva far sorridere. Se fosse stato tutto drammatico non lo avrei fatto, non sarebbe stato nelle mie corde e probabilmente non sarei nemmeno salito sul palco.
La memoria è sempre stato il tema centrale dei tuoi spettacoli e, in tempi di revisionismo come sono quelli odierni, sembrerebbe quasi fuori luogo parlare del passato, soprattutto se “scomodo”. Rispetto questa tua scelta artistica, come si pone il pubblico ? Che impressione ne ricevi ?
Con questo spettacolo confesso di aver perso parte del pubblico che mi segue normalmente ma ne ho guadagnato una parte che non mi conosceva. Intendiamoci, ero consapevole di questa conseguenza quando ho fatto la scelta di girare per i teatri con questo testo però anche questo fa parte del tipo di vita che mi sono creato e che mi fa passare dal palco di un concerto a quello di un teatro per una rappresentazione sulla memoria. All' inizio lo spettacolo non veniva molto considerato dalla critica, come se si trattasse di un “osare troppo” rispetto al tipo di carriera che fino ad allora avevo portato avanti. Chi mi conosce invece sa che la scelta è stata perfettamente in linea con quello che io sono.
La tua carriera infatti è sempre stata aperta su più “fronti”. In questo momento, oltre al teatro stai portando avanti altri progetti ?
Oltre ad una trasmissione radiofonica con Frassica su Radiodue che, pur divertendomi moltissimo, non è comunque un progetto che mi impegna in modo continuativo, sto preparando due nuovi spettacoli teatrali. Poi c'è un progetto con un orchestra per una rilettura di Pinocchio, una cosa molto particolare,quasi un esperimento. Ma soprattutto sto lavorando ...o meglio, dovrei lavorare al mio quarto album. Dico dovrei perchè sono in ritardissimo, la casa discografica mi sta pressando ma io mi sono praticamente reso irreperibile... Se poi penso a qualche progetto teatrale che non ho ancora realizzato mi piacerebbe fare qualcosa tratto dai libri del mio scrittore preferito, Stefano Benni.